Legge di Bilancio 2024 in GU: le novità in materia di lavoro e previdenza

Legge di Bilancio 2024 in GU: le novità in materia di lavoro e previdenza


L. 213/2023 (GU 30 dicembre 2023 n. 303)

Pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Legge di Bilancio 2024. Molte sono le novità per imprese e professionisti in materia di lavoro e previdenza: dalla proroga del cuneo fiscale anche per il 2024 fino ai nuovi limiti per i fringe benefit, dalla decontribuzione per le lavoratrici con figli alle restrizioni pensionistiche.

La Legge di Bilancio 2024 (L. 213/2023) è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 30 dicembre 2023 n. 303.
Di seguito si esaminano alcuni temi di rilievo per l’area lavoro di interesse per aziende e professionisti lavoristi.

Cuneo fiscale
Le norme riconoscono in via eccezionale, anche per i periodi di paga dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2024 ed in continuità con quanto disposto dal (Decreto Lavoro) DL 48/2023 , per i rapporti di lavoro dipendente, con esclusione dei rapporti di lavoro domestico, un esonero, senza effetti sul rateo di tredicesima, sulla quota dei contributi previdenziali per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti a carico del lavoratore di 6 punti percentuali, a condizione che la retribuzione imponibile, parametrata su base mensile per tredici mensilità, non ecceda l’importo mensile di 2.692 euro, al netto del rateo di tredicesima. L’esonero è incrementato di un ulteriore punto percentuale, a condizione che la retribuzione imponibile, parametrata su base mensile per tredici mensilità, non ecceda l’importo mensile di 1.923 euro, al netto del rateo di tredicesima.
Resta ferma l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche (33% totale).
Sì, sottolinea altresì che rispetto alla misura agevolata prevista per il 2022 dalla legge di Bilancio, per il 2024 ai fini del calcolo, i massimali mensili di riferimento -2.692 e 1.923 euro- dovranno essere considerati al netto del rateo di tredicesima ovvero che l’importo della tredicesima non rileverà per la quantificazione della retribuzione imponibile considerata come limite di spettanza dell’esonero e la stessa tredicesima non beneficia della riduzione contributiva.

Decontribuzione aggiuntiva per le lavoratrici con figli
Come ulteriore misura a favore della genitorialità e della famiglia e fermo restando l’esonero contributivo (temporaneo) previsto per i lavoratori subordinati rientranti entro determinati limiti di reddito, per i periodi di paga dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2026 viene introdotto dalla Legge di Bilancio 2024 (art. 1, c. 180) e limitatamente per i periodi di paga dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2026 un esonero contributivo in favore delle lavoratrici madri di 3 o più figli con rapporto di la¬voro subordinato a tempo indeterminato, (ad esclusione dei rapporti di lavoro domestico).
Per tali lavoratrici è riconosciuto un esonero del 100% (entro il limite massimo di 3000 euro annui/250,00 mensili) della quota dei contributi previdenziali per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti a ca¬rico del lavoratore, fino al mese di compi¬mento del diciottesimo anno di età del figlio più piccolo.
Per il 2024 (periodi paga dal 1° gennaio al 31 dicembre 2024) in via sperimentale, l’esonero è ricono-sciuto, anche alle lavoratrici madri di 2 (due figli con rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, (ad esclusione dei rapporti di lavoro domestico), fino al mese del compi¬mento del decimo anno di età del figlio più piccolo.

Fringe benefit
Le norme prevedono, limitatamente al periodo d’imposta 2024, una disciplina più favorevole – rispetto a quella stabilita a regime e già più volte interessata da modifiche transitorie – in materia di esclusione dal computo del reddito imponibile del lavoratore dipendente per i beni ceduti e i servizi prestati al lavoratore medesimo (fringe benefits). Il regime transitorio più favorevole consiste:
• nell’elevamento del limite di esenzione suddetta da 258,23 euro (per ciascun periodo d’imposta) a 2.000 euro per i lavoratori dipendenti con figli fiscalmente a carico e a 1.000 euro per gli altri lavoratori dipendenti;
• nell’inclusione nel regime di esenzione (nell’ambito del medesimo unico limite) delle somme erogate o rimborsate al medesimo dal datore di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale e delle spese per il contratto di locazione della prima casa ovvero per gli interessi sul mutuo relativo alla prima casa.

Le esenzioni riconosciute ai sensi del regime transitorio concernono anche la base imponibile della contribuzione previdenziale.
Si ricorderà che il Decreto Lavoro ha elevato per il 2023 il limite di esenzione dei fringe benefit a 3.000 € solo per i lavoratori con figli a carico, mentre per tutti coloro che non hanno figli a carico è ritornato il vecchio limite dei 258 €, mentre nel 2022 il vantaggio dei 3000 era esteso a tutti i dipendenti.
Il regime generale di esenzione in oggetto – in riferimento all’art. 51, c. 3, TUIR – concerne, come detto, non solo il reddito imponibile ai fini delle imposte sui redditi, ma anche, in base al rinvio di cui all’art. 12 Legge 153/69, e successive modificazioni, al medesimo regime fiscale, la base imponibile della contribuzione previdenziale.
Riguardo alla nozione di figli fiscalmente a carico, si ricorda che, in base all’art. 12, c. 2, TUIR, sono fiscalmente a carico i figli che abbiano un reddito non superiore a 4.000 euro, ovvero a 2.840,51 euro nel caso di figli di età superiore a 24 anni (per il computo di tali limiti si considera il reddito al lordo degli oneri deducibili). Al fine del beneficio, secondo l’interpretazione già seguita dall’Agenzia delle entrate in relazione alla precedente norma transitoria (concernente il periodo di imposta 2023), la condizione a cui è subordinato il limite più elevato è soddisfatta anche qualora il figlio sia a carico ripartito con l’altro genitore nonché qualora il lavoratore non benefici della detrazione fiscale per il figlio a carico in ragione del riconoscimento (in relazione al medesimo figlio) dell’assegno unico e universale per i figli a carico. Inoltre, sono esplicitamente ricompresi nell’ambito dell’articolo 6 i figli fiscalmente a carico nati fuori del matrimonio o adottivi o affidati.

Premi di risultato: confermata aliquota 5%
La Legge di Bilancio (art. 1 comma 18) conferma anche per l’anno 2024 la riduzione (5%) dell’aliquota Irpef a titolo di imposta sostituiva sulle somme erogate ai lavoratori dipendenti relative ai premi di produttività.
La volontà del Governo di mantenere l’applicazione dell’imposta sostitutiva al 5% rientra tra le misure volte alla riduzione del cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti ed è in linea con l’obbiettivo di incentivare l’utilizzo di sistemi premiali connessi all’incremento della produttività aziendale, anche a fronte dei positivi dati rilevati dal Ministero del Lavoro circa l’andamento del deposito dei contratti collettivi che prevedono premi di risultato e partecipazione agli utili d’impresa.
Il premio di risultato “detassato” (introdotto nella versione attuale dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208) prevede la possibilità di applicare su somme riconosciute a titolo premiale un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali regionali e comunali.
Anche per l’anno 2024 l’aliquota di tale imposta sostitutiva è confermata al 5%.
Restano invariati i limiti e le condizioni previste dalla Legge e dalle note di prassi dell’Agenzia delle Entrate per consentire il beneficio della cosiddetta “detassazione”.
L’aliquota agevolata (5% per il 2024) è applicabile a fronte premi di risultato, erogati in esecuzione di contratti collettivi aziendali o territoriali di cui all’art. 51 D.Lgs. 81/2015, di ammontare variabile (comunque entro un limite complessivo “premiale” per singolo lavoratore non superiore a euro di 3.000 euro lordi) la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili sulla base di criteri definiti con specifico decreto del Ministero del Lavoro, nonché alle somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa.
Il particolare regime fiscale di “detassazione” trova applicazione esclusivamente per i titolari di reddito di lavoro dipendente (nell’anno precedente l’erogazione del premio) di ammontare non superiore ad euro 80.000.

Detassazione lavoro notturno e festivo dipendenti di strutture turistico-alberghiere
Al fine di contrastare la mancanza di offerta di lavoro e la conseguente carenza di personale nel settore turistico ricettivo e termale, la legge di Bilancio 2024 (art. 1, c. 21) prevede che, dal 1°gennaio 2024 fino al 30 giugno 2024 ai lavoratori dipendenti del settore privato del settore turistico alberghiero (inclusi gli stabilimenti termali), titolari di reddito di lavoro dipendente di importo non superiore, nel periodo d’imposta 2023, a euro 40.000, sia riconosciuto un trattamento integrativo speciale, che non concorre alla formazione del reddito, pari al 15% delle retribuzioni lorde corrisposte in relazione al lavoro notturno e alle prestazioni di lavoro straordinario, (ai sensi del D.Lgs. 66/2003), effettuato nei giorni festivi.
Il Datore di lavoro provvede al riconoscimento del trattamento il trattamento integrativo speciale su richiesta del lavoratore, che attesta per iscritto l’importo del reddito di lavoro dipendente conseguito nell’anno 2023.

Congedo parentale: incremento dell’indennità economica
Nel quadro degli interventi in favore della genitorialità, come già per il 2023, il legislatore con la legge di Bilancio 2024, interviene nuovamente attraverso le disposizioni contenute all’art. 36, sulla disciplina sull’istituto del congedo parentale attraverso un parziale potenziamento della prevista indennità economica erogata dall’INPS.
Fermo restando quindi i limiti di durata massima complessiva (tra i due genitori) e le modalità di fruizione che rimangono invariate, dal 1° gennaio 2024 (e fino al 31 dicembre 2024) i genitori potranno fruire, in alternativa tra loro, di:
• due mesi (per il solo 2024) di congedo parentale indennizzato dall’INPS nella misura dell’80%;
• per gli ulteriori mesi fruibili l’indennità riconosciuta resta confermata nella misura standard del 30%.
• Vale la pena di sottolineare che trattandosi di misura di carattere strutturale a partire dal 2025, l’indennità riconosciuta dall’INPS sarà pari a:
• un mese di congedo parentale (in alternativa tra i due genitori) indennizzato nella misura dell’80% per il primo mese;
• un ulteriore mese di congedo parentale indennizzato nella misura del 60%;
• indennità standard pari al30% per i mesi successivi.

Pensioni
La Legge di Bilancio 2024 per esigenze di finanza pubblica riserva delle restrizioni sul capitolo previdenza.
È confermata la proroga di un anno di «Quota 103» (62 anni e 41 anni di contributi). Tuttavia, chi aderirà nel 2024 avrà l’assegno un po’ più leggero. L’intera pensione sarà infatti calcolata con il sistema contributivo e non più con il sistema misto. La misura dell’assegno non potrà essere superiore a 2.272€ euro lordi al mese (quattro volte il trattamento minimo Inps) sino al compimento dell’età di 67 anni in luogo delle cinque volte attuali (cioè 2.840 €).
Aumenta la durata delle finestre mobili, che rappresenta il tempo di attesa che deve trascorrere tra la maturazione dei requisiti (62 anni e 41 anni di contributi) e la percezione del primo rateo pensionistico. Rispetto agli attuali tre mesi (sei mesi per i dipendenti pubblici) l’attesa sale a sette mesi per i privati e a nove mesi per i dipendenti pubblici.
Confermato l’incentivo al posticipo al pensionamento cioè la facoltà per l’assicurato di optare per la corresponsione in busta paga della quota di contribuzione IVS a suo carico (di regola il 9,19%).
Chi ha maturato i requisiti di «Quota 103» entro il 31 dicembre 2023 mantiene le condizioni più favorevoli previgenti. In particolare Opzione Donna viene confermata con le restrizioni attuali (cioè solo caregivers, invalidi 74% e disoccupate) a condizione che siano raggiunti 61 anni (ora 60 anni) e 35 anni di contributi al 31 dicembre 2023. Restano le riduzioni di un anno del requisito contributivo per ogni figlio sino ad un massimo di due anni e le finestre mobili di 12 mesi per le dipendenti e 18 mesi per le autonome.
L’Ape Sociale viene prorogata sino al 31 dicembre 2024 si incrementa il requisito anagrafico: in luogo degli attuali 63 anni si potrà accedere allo strumento con almeno 63 anni e cinque mesi. Salta, inoltre, l’ampliamento delle categorie di lavoratori gravosi riconosciute dalla legge n. 234/2021 nel biennio 2022-2023 e le relative riduzioni contributive per edili e ceramisti. Si introduce l’incumulabilità totale della prestazione con i redditi di lavoro dipendente o autonomo ad eccezione del lavoro occasionale entro un massimo di 5.000€ annui. L’assegno è sempre calcolato col sistema misto ma con le limitazioni dell’importo massimo a 1.500 euro lorde mensili, senza tredicesima e senza gli adeguamenti dovuti all’inflazione fino al raggiungimento della pensione di vecchiaia a 67 anni.
Per i contributivi puri, cioè i soggetti privi di anzianità al 31 dicembre 1995 viene eliminato il limite di 1,5 volte l’assegno sociale per l’accesso alla pensione di vecchiaia a 67 anni con almeno 20 anni di contributi ma viene inserito un limite diversificato per accedere alla pensione a 64 anni e 20 anni di contributi. In particolare, si sale a 3 volte l’assegno sociale salvo si tratta di donne con figli nel quale caso la soglia resta pari a 2,8 volte se c’è solo un figlio e scende a 2,6 volte in presenza di almeno due figli.
La pensione a 64 anni e 20 anni di contributi, inoltre, registra ulteriori strette:
• L’assegno non potrà eccedere le 5 volte il minimo INPS (cioè, circa 2.840 € lordi al mese) sino al raggiungimento dei 67 anni (cioè, l’età di vecchiaia). Fino al 31 dicembre 23 non vi era tale limite.
• Avrà una finestra mobile di tre mesi dalla maturazione dei requisiti (oggi non prevista).
• Il requisito contributivo di 20 anni dovrà essere adeguato alla speranza di vita ISTAT, anche per quello anagrafico.

Esonero contributivo per assunzione di donne disoccupate vittime di violenza
Per i datori di lavoro privati che nel, nel triennio 2024-2026, assumono donne disoccupate vittime di violenza, beneficiarie del cosiddetto “Reddito di Libertà” (art. 105-bis DL 34/2020 conv. in Legge 77/2020), al fine di favorirne il percorso di uscita dalla violenza attraverso il loro inserimento nel mercato del lavoro, è riconosciuto un esonero contributivo (con esclusione dei premi e contributi all’INAIL e ferme restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche), nella misura del 100 per cento, nel limite massimo di importo di 8.000 euro annui riparametrato e applicato su base mensile.
In sede di prima applicazione, l’esonero contributivo si applica anche a favore delle donne vittime di violenza che hanno usufruito del reddito di libertà nell’anno 2023:
in caso di assunzione con contratto di lavoro a tempo indeterminato, l’esonero spetta per un periodo di ventiquattro mesi dalla data dell’assunzione.
nel caso di assunzione con contratto di lavoro a tempo determinato (anche in somministrazione), l’esonero contributivo spetta per 12 mesi dalla data dell’assunzione. In caso di trasformazione a tempo indeterminato l’esonero si prolunga fino al diciottesimo mese dalla data dell’assunzione.
L’esonero contributivo in parola è riconosciuto nel limite di spesa di 1,5 milioni di euro per l’anno 2024, 4 milioni di euro per l’anno 2025, 3,8 milioni di euro per l’anno 2026, 2,5 milioni di euro per l’anno 2027 e 0,7 milioni di euro per l’anno 2028. L’INPS come per analoghi provvedimenti a risorse contingentate, provvede al monitoraggio e qualora, anche in via prospettica, emerga il raggiungimento del limite di spesa indicato non prenderà in considerazione ulteriori domande per l’accesso ai benefici contributivi in parola.

Decreto delegato IRPEF: dal 2024 scaglioni di reddito ridotti a tre


D.Lgs. 216 /2023 (GU 30 dicembre 2023 n. 303)

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del D.Lgs. 216/2023 viene attuato il primo modulo di riforma dell’IRPEF che, dal 2024, è calcolata su tre scaglioni di reddito, anziché quattro. Il decreto introduce anche novità in tema di detrazioni fiscali ed incentivi per le nuove assunzioni.

Il D.Lgs. 216/2023 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 30 dicembre 2023 n. 303) introduce il primo pacchetto di norme attuative finalizzate alla revisione del sistema d’imposizione del reddito delle persone fisiche, nonché alla graduale riduzione della relativa imposta, nell’ottica dei principi e dei criteri direttivi previsti dalla Legge delega al Governo per la riforma fiscale (art. 5 c.1 lett. a) L. 111/2023).
La revisione del sistema d’imposizione dei redditi delle persone fisiche deve, infatti, garantire il rispetto del principio di progressività nella prospettiva del cambiamento del sistema verso un’unica aliquota d’imposta, nonché conseguire il graduale perseguimento dell’equità orizzontale prevedendo, nell’ambito dell’IRPEF, la progressiva applicazione della stessa no tax area e dello stesso onere fiscale per tutte le tipologie di reddito prodotto, privilegiando, a tal fine, i redditi di lavoro dipendente ed i redditi di pensione.

Revisione degli scaglioni IRPEF
Dopo le prime modifiche introdotte dalla L. 234/2021, l’iter di revisione dell’IRPEF si concretizza maggiormente con l’intervento dell’art. 1 che riduce a tre gli scaglioni di reddito e le corrispondenti aliquote progressive di tassazione. In particolare, per l’anno 2024, l’imposta è calcolata applicando le seguenti aliquote per scaglioni di reddito:
• fino a 28.000 euro, 23%;
• oltre 28.000 euro e fino a 50.000 euro, 35%;
• oltre 50.000 euro, 43%.
• Rispetto alle aliquote ed agli scaglioni in vigore nel 2023, viene aumentata la soglia di reddito tassabile con l’aliquota del 23% e, al contempo, è stato soppresso lo scaglione con l’aliquota del 25%.

Detrazione lavoro dipendente
Per il 2024 è stata, altresì, incrementata da 1.880 a 1.955 euro, la detrazione prevista per i titolari di redditi da lavoro dipendente (esclusi i redditi da pensione) e di alcuni redditi assimilati fino a 15.000 euro, di cui all’art. 13 c. 1, lett. a) TUIR.
Così facendo, il legislatore ha ampliato fino a 8.500 euro la soglia di no tax area prevista per i redditi da lavoro dipendente che, di conseguenza, viene equiparata a quella attualmente vigente per i pensionati.
La modifica sopra descritta ha reso necessario un intervento normativo anche sul trattamento integrativo, di cui all’art. 1 c. 1 DL 3/2020, il quale, per l’anno 2024, è riconosciuto a favore dei contribuenti con reddito complessivo non superiore a 15.000 euro, qualora l’imposta lorda sia d’importo superiore a quello della detrazione spettante per il lavoro dipendente di cui al suindicato art. 13, diminuita dell’importo di 75 euro rapportato al periodo di lavoro nell’anno. In tal modo, viene assicurato il mantenimento delle condizioni attualmente previste, nonostante l’incremento della detrazione di 75 euro, in quanto, se venisse considerato l’importo maggiorato, si determinerebbe la perdita del beneficio per alcuni lavoratori dipendenti che secondo la disciplina vigente a regime ne sono, invece, destinatari.
Il decreto in esame, inoltre, in funzione dei nuovi scaglioni di reddito, contiene anche una previsione di coordinamento per la determinazione degli acconti dovuti ai fini IRPEF e delle relative addizionali per i periodi d’imposta 2024 e 2025. Per il calcolo, infatti, dovrà essere considerata come imposta del periodo precedente, quella che il contribuente avrebbe determinato non applicando i nuovi scaglioni e la maggiore detrazione sui redditi di lavoro dipendente.

Riduzione detrazioni per redditi superiori a 50 mila euro
Ulteriore misura che interviene sulla disciplina dell’IRPEF, riguarda i contribuenti titolari di un reddito complessivo superiore a 50.000 euro (al netto del reddito dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e di quello delle relative pertinenze), per i quali, l’art. 2 del nuovo decreto prevede una riduzione di 260 euro della detrazione complessivamente spettante per il 2024. Tale riduzione interessa:
• gli oneri la cui detraibilità è fissata nella misura del 19%;
• le erogazioni liberali in favore dei partiti politici;
• i premi d’assicurazione per rischio eventi calamitosi di cui all’art. 119 c. 4 DL 34/2020.

Si evidenzia, inoltre, che con l’approvazione della versione definitiva del decreto legislativo pubblicata in Gazzetta Ufficiale del 30 dicembre 2023 n. 303, le donazioni effettuate a favore di ONLUS, delle associazioni che si occupano di iniziative umanitarie (religiose o laiche) e degli enti del terzo settore, non saranno sottoposte alla decurtazione di 260 euro. Detti soggetti, sono stati esclusi dall’elenco di cui al suindicato art. 2 con una modifica del testo del decreto approvato in esame preliminare.

Altre misure in tema d’imposte sui redditi e nuove assunzioni
Per i titolari di reddito d’impresa e per gli esercenti arti e professioni sono previste nuove agevolazioni per incentivare le assunzioni nel corso del periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023 (anno 2024 per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare).
Il beneficio previsto dall’art. 4, si sostanzia in una maggiorazione, ai fini della determinazione del reddito, del costo del personale di nuova assunzione con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, di un importo pari al 20 per cento del costo riferibile all’incremento occupazionale. L’agevolazione potrà essere fruita dagli operatori economici che hanno esercitato l’attività nel 2023 per almeno 365 giorni. Ciò, in quanto, l’impresa deve trovarsi in condizioni di normale operatività, stante la necessità di realizzare incrementi occupazionali.
Ne consegue che la maggiorazione del costo è preclusa alle società ed agli enti in liquidazione ordinaria, assoggettati a liquidazione giudiziale o agli altri istituti liquidatori relativi alla crisi d’impresa.

Soggetti beneficiari
a) Titolari di reddito d’impresa, di cui all’art. 73 TUIR
b) Imprese individuali, comprese le imprese familiari e le aziende coniugali
c) Società di persone ed equiparate ai sensi dell’art. 5 TUIR
d) Esercenti arti e professioni che svolgono attività di lavoro autonomo ai sensi dell’art. 54 TUIR

Il summenzionato art. 4, contiene anche indicazioni in merito alla determinazione del costo riferibile all’incremento occupazionale, precisando che, quest’ultimo, rileva a condizione che il numero dei dipendenti a tempo indeterminato al termine del periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023 (2024 per i soggetti solari) sia superiore al numero dei dipendenti a tempo indeterminato mediamente occupato del periodo d’imposta precedente (2023).

Costo riferibile all’incremento occupazionale
Minor importo tra: il costo effettivo dei nuovi assunti
l’incremento complessivo del costo del personale risultante dal conto economico ai sensi dell’art. 2425 c. 1 lett. b) n. 9) c.c., rispetto a quello relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2023

Ai fini del beneficio, inoltre, i costi riferibili al personale dipendente dovranno essere imputati temporalmente in base alle regole applicabili per la determinazione del reddito del contribuente. Pertanto, per gli esercenti arti e professioni e per i soggetti in contabilità semplificata, tali costi rileveranno secondo il principio di cassa, mentre, per i soggetti in contabilità ordinaria, per competenza.
Le nuove assunzioni sono ancora più agevolate per i soggetti che assumono particolari categorie di dipendenti che necessitano di maggiore tutela, quali, ad esempio, lavoratori molto svantaggiati, persone con disabilità o donne con almeno due figli. Per tali categorie, saranno stabiliti dei coefficienti di moltiplicazione con cui attribuire maggior peso al costo del lavoro.
Il decreto in esame, infine, dispone l’abrogazione della disciplina relativa all’aiuto alla crescita economica (ACE), a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023, facendo salvo, comunque, il riporto delle eccedenze ACE pregresse ed il successivo utilizzo delle stesse fino al loro totale esaurimento.



DL Anticipi convertito in legge: tutte le novità


DL 145/2023 conv. L 191/2023 (GU 16 dicembre 2023 n. 293)

Pubblicata in Gazzetta Ufficiale del 16 dicembre 2023 n. 293, la legge di conversione n. 191/2023 del DL Anticipi che, tra le novità più rilevanti, prevede il versamento del secondo acconto delle imposte dirette, l’assegnazione di un codice identificativo per gli affitti brevi e le proroghe del riversamento del credito R&S e della rottamazione quater.

La conversione in legge del DL 145/2023 (decreto Anticipi) porta con sé una serie di novità rilevanti, analizziamo di seguito quelle lavoristiche.
Fringe benefit ai dipendenti bancari
Relativamente alla tassazione dei prestiti concessi dal datore di lavoro ai dipendenti, è modificato l’art. 51 c. 4 lett. b) TUIR. Il riferimento del tasso base diventa:
• per i mutui a tasso fisso, quello vigente alla data di concessione del prestito;
• per i mutui a tasso variabile, quello vigente alla data di scadenza di ciascuna rata.

Proroga delle scadenze fiscali per i soggetti colpiti dall’alluvione in Toscana
Viene prevista la proroga dei versamenti relativi agli adempimenti e ai versamenti tributari e contributivi a seguito degli eventi calamitosi del 2 novembre 2023, nelle province di Firenze, Pisa, Pistoia, Livorno e Prato: per i soggetti che, alla data suddetta data, avevano la residenza ovvero la sede legale o la sede operativa nei Comuni riportati nell’allegato approvato dall’emendamento, i versamenti dei tributi, dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria, che scadono nel periodo dal 2 novembre 2023 al 17 dicembre 2023, sono considerati tempestivi, senza applicazione di sanzioni e interessi, se effettuati in un’unica soluzione entro il 18 dicembre 2023.
Il rinvio interessa anche versamenti delle ritenute alla fonte di cui al DPR 600/73, e delle trattenute relative alle addizionali regionale e comunale all’imposta sul reddito delle persone fisiche, operate dai sostituti d’imposta con residenza, sede legale o sede operativa nei territori interessati.

Scelta dell’8, 5 e 2 per mille
Vengono stabilite nuove regole per l’invio delle schede per la scelta della destinazione dell’8, 5 e 2 per mille prevedendo:
• l’abrogazione della norma che posticipa al periodo di imposta successivo a quello in corso al 22 giugno 2022 (in sostanza, al periodo d’imposta 2023) l’efficacia delle disposizioni che impongono ai sostituti d’imposta che prestano assistenza fiscale di trasmettere telematicamente all’Agenzia delle entrate i dati contenuti nelle schede relative alle scelte dell’8, del 5 e del 2 per mille;
• l’abrogazione dell’obbligo per i sostituti d’imposta che prestano assistenza fiscale di trasmettere, in via telematica, all’Agenzia delle entrate anche i dati contenuti nelle schede relative alle scelte dell’8, del 5 e del 2 per mille nonché di conservare le medesime schede fino al 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione;
• che i sostituti di imposta dovranno consegnare le buste contenenti le schede relative alle scelte per la destinazione dell’8, del 5 e del 2 per mille, secondo le modalità che saranno stabilite con uno o più provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate.

Novità per associazioni e società sportive dilettantistiche
Le novità per associazioni e società sportive dilettantistiche sono:
• la proroga dal 31 dicembre 2023 al 30 giugno 2024 del termine entro il quale le associazioni e le società sportive dilettantistiche devono adeguare i propri statuti alle disposizioni di cui al D.Lgs. 36/2021;
• la proroga dal 31 dicembre 2023 al 30 giugno 2024 del termine entro il quale le modifiche statutarie adottate sono esenti dall’imposta di registro se hanno lo scopo di adeguare gli atti a modifiche o integrazioni necessarie a conformare gli statuti alle disposizioni del D.Lgs. 36/2021;
• per i direttori di gara e ai soggetti che sono preposti a garantire il regolare svolgimento delle competizioni sportive, le comunicazioni al centro dell’impiego, con esclusivo riferimento a quelle relative al periodo luglio-dicembre 2023, possono essere effettuate, senza incorrere in alcuna sanzione, entro il 30 gennaio 2024. Il medesimo termine del 30 gennaio 2024 si applica anche alle comunicazioni all’interno del Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche dei soggetti convocati e dei relativi compensi agli stessi riconosciuti, con esclusivo riferimento a quelle relative al periodo luglio-dicembre 2023.
Con una norma di interpretazione autentica, la misura dei contributi dovuti dai datori di lavoro in favore dei lavoratori subordinati sportivi iscritti al Fondo pensioni lavoratori sportivi si interpreta nel senso che detti lavoratori, a prescindere dalla qualifica professionale, sono soggetti all’applicazione del massimale annuo della base contributiva, per le tutele di cui ai commi 3, 4 e 5 dell’art. 33 D.Lgs. 36/2021 (malattia, maternità, assegni al nucleo familiare e NASpI).

Proroga diritto allo smart working nel settore privato
Viene prorogato di tre mesi, dal 31 dicembre 2023 al 31 marzo 2024, il diritto allo smart working per i genitori con figli minori di 14 anni e per i fragili del privato.



Conguaglio di fine anno 2023: i punti di attenzione per i datori di lavoro

A cura di Dario Ceccato, Francesca Dall’Acqua

Circ. INPS 20 dicembre 2023 n. 106

L’INPS, con la Circ. 20 dicembre 2023 n. 106, fornisce le indicazioni per il conguaglio di fine anno 2023 dei contributi previdenziali e assistenziali. I principali punti di interesse e di attenzione per i datori di lavoro e i lavoratori in vista delle consuete operazioni di chiusura dell’annualità in corso.

Termina l’anno, evviva il conguaglio.
Operazione di chiusura di un anno fiscale e previdenziale complesso, l’istituto del conguaglio rappresenta un adempimento gravante in capo al datore di lavoro a mezzo del quale viene verificata la corrispondenza tra le trattenute operate nel corso dell’anno e il reddito totalizzato da parte del lavoratore.
Di matrice più “fiscale” che previdenziale (ma, ciò non di meno, di interesse anche per l’ente previdenziale stesso) il conguaglio è un’operazione di verifica che le trattenute, previdenziali e fiscali, effettuate da parte del datore di lavoro nel corso dell’annualità siano corrette in ragione della “cristallizzazione” del reddito/retribuzione annua percepito/a da parte del lavoratore che, nel mese di dicembre, diviene definitivo e non più soggetto a possibili variazioni.
Molti i punti di interesse previdenziale. Basti annoverare il possibile raggiungimento del c.d. massimale contributivo (operazione solo incidentalmente riscontrabile a fine anno, data la sua necessità di controllo in qualsiasi momento dell’anno), la verifica della contribuzione aggiuntiva del 1% per le retribuzioni superiori a 52.190 euro e, infine, l’esonero contributivo differenziato tra retribuzione “ordinaria” (6 o 7 per cento, a seconda del limite reddituale) e tredicesima mensilità.
L’INPS, il 20 dicembre, ritiene necessario con circolare n. 106, riepilogare le varie determinazioni degli istituti di cui sopra. Vediamone alcune.

Massimale contributivo IVS
Il massimale contributivo IVS (art. 2, c. 18, L. 335/95), individuato per il 2023 in 113.520,00 euro annui rappresenta una soglia al cui raggiungimento viene inibita l’aliquota relativa alla contribuzione per fini pensionistici (inclusa l’aliquota aggiuntiva dell’1%) per i soggetti che rientrino nel campo di applicazione previsto dalla normativa vigente.
In concreto, il massimale contributivo Inps si applica dei confronti dei:
1) lavoratori iscritti successivamente al 31 dicembre 1995 a forme pensionistiche obbligatorie privi di anzianità contributiva alla medesima data;
2) soggetti che optino per il calcolo della pensione con il sistema contributivo.
Sul punto, vale la pena di evidenziare una serie di precisazioni.
• in primis, il massimale contributivo Inps non può essere frazionabile e dunque si ritiene applicata la medesima soglia anche se l’anno risulti retribuito solo in parte;
• in caso di più rapporti di lavoro in corso d’anno, le remunerazioni percepite si ritengono cumulabili. Per tale ragione, il dipendente è tenuto ad esibire al nuovo datore di lavoro la Certificazione Unica o, alternativamente, a presentare una dichiarazione sostitutiva per l’applicazione del massimale in parola;
• quanto sopra è bene nucleato nella circolare n. 106 del 2023 dell’Inps laddove, “in caso di rapporti simultanei, le retribuzioni derivanti dai due rapporti di lavoro si cumulano agli effetti del massimale. Ciascun datore di lavoro (…), provvederà a sottoporre a contribuzione la retribuzione corrisposta mensilmente, sino a quando, tenuto conto del cumulo, venga raggiunto il massimale”.

Contributo aggiuntivo IVS dell’1%
Il contributivo aggiuntivo IVS viene istituito a cura dell’articolo 3 del decreto legge n. 384 del 1992, il quale istituisce, in favore dei dipendenti con una contribuzione previdenziale inferiore al 10%, un punto percentuale aggiuntivo a carico del lavoratore la cui retribuzione imponibile sia superiore alla prima fascia di retribuzione pensionabile, determinata annualmente.
Per l’annualità 2023, tale soglia è stata individuata in 52.190 euro che, rapportata mensilmente, equivale a 4.349 euro lordi.
Poiché per tale contributo aggiuntivo vige la regola della “mensilizzazione”, in sede di conguaglio possono rendersi necessari alcuni accorgimenti e alcune valutazioni: basti pensare all’eventualità che un lavoratore percepisca nel corso di una mensilità di “bonus” o “elementi di premialità” così da superare la quota di 4.349 euro lordi.
Analogamente a quanto vigente per il massimale, anche ai fini del contributo aggiuntivo la soglia di 52.190 euro si calcola cumulando tutte le retribuzioni percepite dal lavoratore, anche se provenienti da più datori di lavoro o, addirittura, simultanei.
Nel primo caso (più rapporti), il lavoratore dovrà rilasciare apposita dichiarazione al datore di lavoro successivo affinché possa correttamente determinare l’applicazione del contributivo aggiuntivo. Nel secondo caso, invece (rapporti simultanei), sarà di norma il datore di lavoro che corrisponde la retribuzione più elevata ad applicare il punto percentuale aggiuntivo, effettuando di conseguenza anche le dovute operazioni di conguaglio.

Fringe benefit ed operazioni di conguaglio
Come ormai noto, l’art. 40 del Decreto Lavoro ha innalzato la soglia di esenzione dei fringe benefit a 3.000 euro esclusivamente per i lavoratori dipendenti con figli a carico, includendo nel novero dei possibili benefici anche il “pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale”.
La circolare INPS in trattazione precisa prontamente come ai lavoratori senza figli a carico si applichi “l’ordinario regime di esenzione previsto dall’articolo 51, comma 3, del TUIR, il quale prevede, da un lato, una soglia di esenzione fino a 258,23 euro e, dall’altro, può avere a oggetto le sole erogazioni in natura e non quelle in denaro e non si estende, quindi, ai rimborsi e alle somme erogate per il pagamento delle bollette di luce e gas, per le quali resta applicabile il principio generale secondo cui qualunque somma percepita dal dipendente in relazione al rapporto di lavoro costituisce reddito (imponibile) di lavoro dipendente.”
Nel richiamare i contenuti dei precedenti messaggi (3884/2023 e 4027/2023) l’INPS, in relazione alla tematica degli esoneri contributivi (art 1 comma 281 legge n°197/2022), precisa come “i datori di lavoro debbano provvedere al recupero o al versamento delle quote di esonero previsto dall’articolo 1, comma 281, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (di seguito, anche legge di Bilancio 2023), e dall’articolo 39 del decreto-legge n. 48/2023, i medesimi dovranno avvalersi dell’invio di flussi di regolarizzazione DMVig.”

Mance elargite ai lavoratori del settore privato, impiegati nelle strutture ricettive e negli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande
Da ultimo l’INPS consegna delle disposizioni applicative in relazione alla tematica delle c.d. mance, oggetto di disciplina normativa a cura della legge di Bilancio 2023
In effetti al fine di agevolare i lavoratori dipendenti del settore turismo, è stato introdotto un regime fiscale e previdenziale agevolato con riferimento alle somme percepite a titolo di mance. Viene infatti risposto dall’art. 1, commi da 58 a 62 della legge n. 197 del 2022 che, salva esplicita rinuncia da parte del lavoratore, gli importi percepiti a titolo di liberalità dei clienti sono gravati da “un’imposta sostitutiva sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali con l’aliquota del 5 per cento, entro il limite del 25 per cento del reddito percepito nell’anno per le relative prestazioni di lavoro” e siano altresì “escluse dalla retribuzione imponibile”.
Riassumendo, i lavoratori che non abbiano rinunciato per iscritto a tale facoltà e siano titolari di reddito di lavoro dipendente inferiore a 50.000 euro (nell’anno precedente), hanno diritto a:
• tassazione agevolata sulle mance (5%);
• esenzione delle stesse dall’imponibile contributivo.

A livello di adempimenti operativi, la circolare n. 106 fornisce istruzioni che dovranno essere osservate dai datori di lavoro che intendano procedere al recupero dell’importo relativo alle mance oggetto dell’agevolazione nel flusso di dicembre 2023 attraverso l’utilizzo delle seguenti causali:
• MANCE, laddove sia presente un imponibile da abbattere riferito all’importo delle mance oggetto dell’agevolazione,
• MANDIM da utilizzare, eventualmente congiuntamente a MANCE, nel caso in cui per la competenza specifica vi sia eccedenza del massimale;
• MANMAS, si cita “da utilizzare per riportare parte dell’eccedenza massimale, presente nelle denunce di competenza successive a quelle interessate dalle mance oggetto dell’agevolazione, nell’imponibile, per effetto della diminuzione degli imponibili delle competenze precedenti”.



Esonero parità di genere: domande entro il 30 aprile 2024


Mess. INPS 21 dicembre 2023 n. 4614

L’Inps con il messaggio 4614 comunica la presenza dell’istanza di sgravio per le aziende che hanno ottenuto la Certificazione della parità di genere nel 2023; la stessa dovrà essere inviata entro il 30 aprile 2024 e consentirà un esonero fino a 50.000 euro annui.

La certificazione della parità di genere è un intervento del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che si prefigge lo scopo di incentivare le imprese ad adottare policy adeguate a ridurre il divario di genere e generare pari opportunità all’interno del mercato del lavoro.
Tale attestazione riveste interesse di tipo sociale, evidenziando la sostenibilità sociale dell’impresa ed il suo approccio etico verso temi come il gender pay gap ma anche contro le molestie e/o violenze verso il genere meno rappresentato. La misura offre diversi vantaggi alle aziende certificate con uno sgravio contributivo, ma anche un miglior posizionamento per il reperimento dei fondi del PNRR.
L’art. 5 L. 162/2021 prevede infatti un esonero dal versamento dell’1% dei contributi previdenziali, nel limite massimo di 50.000 euro annui, a favore dei datori di lavoro privati che siano in possesso della certificazione della parità di genere di cui all’articolo 46-bis del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, introdotto dall’articolo 4 della medesima legge.
La certificazione della parità di genere viene rilasciata in conformità alla Prassi di riferimento UNI/PdR 125:2022, dagli Organismi di valutazione della conformità accreditati in questo ambito ai sensi del Regolamento (CE) 765/2008.
L’INPS era già intervenuto con la circolare n. 137 del 27 dicembre 2022 (con chiarimenti nel Messaggio 1269/2023) fornendo le indicazioni e le istruzioni operative, ancora applicabili, in ordine all’ambito di applicazione dell’esonero contributivo introdotto dalla citata legge n. 162/2021.

La domanda telematica
Il messaggio 4614 del 21 dicembre 2023 annuncia che sul sito internet dell’istituto, nella sezione denominata “Portale delle Agevolazioni” (ex DiResCo), è stato rilasciato il nuovo modulo di istanza on line “SGRAVIO PAR_GEN_2023” al fine di consentire l’invio delle richieste di accesso al beneficio in oggetto da parte dei datori di lavoro privati che conseguano la certificazione per la parità di genere entro il 31 dicembre 2023.
Le domande possono essere presentate fino al 30 aprile 2024 ma occorre evidenziare che, ai fini dell’ammissibilità all’esonero, farà fede la data di rilascio della certificazione, che non potrà in nessun caso essere successiva al 31 dicembre 2023.
L’INPS comunica che la domanda telematica di autorizzazione all’esonero contiene le seguenti informazioni:
1) i dati identificativi del datore di lavoro;
2) la retribuzione media mensile globale stimata relativa al periodo di validità della certificazione di parità di genere di cui all’articolo 46-bis del Codice delle pari opportunità tra uomo e donna;
3) l’aliquota datoriale media stimata relativa al periodo di validità della certificazione di parità di genere di cui al citato articolo 46-bis;
4) la forza aziendale media stimata relativa al periodo di validità della certificazione di parità di genere di cui al citato articolo 46-bis;
5) il periodo di validità della certificazione di parità di genere di cui al citato articolo 46-bis, indicando a tale fine la data di rilascio della suddetta certificazione;
6) la dichiarazione sostitutiva, rilasciata ai sensi del DPR 445/2000, di essere in possesso della certificazione di parità di genere di cui al citato articolo 46-bis del Codice per le pari opportunità tra uomo e donna, l’identificativo alfanumerico del Certificato della parità di genere, nonché la denominazione dell’Organismo di certificazione accreditato che lo ha rilasciato in conformità alla Prassi di riferimento UNI/PdR 125:2022, ai sensi del decreto del Ministro per le Pari opportunità e la famiglia del 29 aprile 2022.
Le domande rimarranno in stato “trasmessa” fino all’elaborazione massiva successivo alla scadenza del 30 aprile 2024, dopo tale elaborazione sarà comunicato l’importo definitivo approvato.
Resta confermato il limite di spesa di 50 milioni di euro annui, e nell’ipotesi di insufficienza di dette risorse, l’esonero sarà proporzionalmente ridotto per la totalità della platea dei beneficiari che hanno presentato una domanda potenzialmente ammissibile.

L’autorizzazione
Ai datori di lavoro per i quali sarà possibile procedere al riconoscimento dell’esonero sarà attribuito il codice di autorizzazione (CA) “4R”, che assume il seguente significato “Azienda autorizzata all’esonero di cui all’articolo 5 della legge n. 162/2021”.
In caso di rinuncia o revoca della certificazione, il datore di lavoro interessato provvederà, sotto la propria responsabilità, a darne tempestiva comunicazione all’Istituto.
Il Dipartimento per le Pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri comunicherà periodicamente all’INPS i dati identificativi dei datori di lavoro del settore privato che siano in possesso della certificazione di parità di genere di cui all’articolo 46-bis del Codice per le pari opportunità tra uomo e donna.

I datori di lavoro certificati nel 2022
I datori di lavoro privati che hanno già presentato la domanda di esonero alla scadenza del 30 aprile 2023 e che siano in possesso di un certificato della parità di genere, non devono ripresentare domanda, in quanto, a seguito dell’accoglimento della stessa, l’esonero contributivo è automaticamente riconosciuto per tutti i 36 mesi di validità della certificazione.
L’Inps comunica inoltre che i datori di lavoro privati che hanno presentato domanda indicando erroneamente un periodo di validità della certificazione inferiore a 36 mesi, potranno beneficiare dell’esonero per l’intero periodo legale di validità della certificazione stessa attraverso sanatoria d’ufficio.
Per questi datori di lavoro che abbiano erroneamente presentato domanda per l’annualità 2022 in presenza di una certificazione della parità di genere conseguita nell’anno 2023, dovranno ripresentare domanda per l’annualità 2023.
Con riferimento alle modalità di fruizione dell’esonero autorizzato, si rinvia alle indicazioni operative già fornite con la circolare n. 137/2022.



Assunzione beneficiari di ADI: come accedere all’esonero


Circ. INPS 29 dicembre 2023 n. 111

L’INPS, con circolare n. 111 del 29 dicembre 2023, ha fornito le disposizioni operative concernenti l’esonero per le assunzioni e per le trasformazioni dei contratti a termine di soggetti beneficiari dell’Assegno di inclusione e del Supporto per la formazione e il lavoro. Le agevolazioni spetteranno nei limiti delle risorse specificatamente stanziate.

Il Decreto Lavoro ha istituito, quali misure di contrasto alla povertà, alla fragilità e all’esclusione sociale delle fasce deboli, il Supporto per la formazione e il lavoro (di seguito, anche SFL), a decorrere dal 1° settembre 2023, e l’Assegno di inclusione (di seguito, anche ADI), a decorrere dal 1° gennaio 2024.
Al fine di promuovere l’inserimento nel mercato del lavoro dei soggetti beneficiari delle predette misure, il citato Decreto Lavoro ha introdotto un esonero contributivo in favore dei datori di lavoro privati che assumono i beneficiari dell’ADI o del SFL.
La richiesta andrà gestita tramite il portale delle agevolazioni presente sul sito inps attraverso un modulo di prossima pubblicazione.
Le agevolazioni spetteranno nei limiti delle risorse specificatamente stanziate.

Datori di lavoro che possono accedere all’esonero
L’esonero contributivo è riconosciuto in favore di tutti i datori di lavoro privati, anche non imprenditori, ivi compresi:
• i datori di lavoro del settore agricolo;
• le agenzie per il lavoro con delle specificità, (art. 10 c. 4, DL 48/2023);
• gli Istituti di Patronato, gli Enti bilaterali e le Associazioni senza fini di lucro che hanno per oggetto la tutela del lavoro, l’assistenza e la promozione delle attività imprenditoriali, la progettazione e l’erogazione di percorsi formativi e di alternanza, la tutela della disabilità, agli enti del Terzo settore che, per statuto, svolgono attività di servizi finalizzati all’inserimento o al reinserimento nel mercato del lavoro dei lavoratori; alle imprese sociali che, per statuto, svolgono tra le attività di impresa di interesse generale quelle di servizi finalizzati all’inserimento o al reinserimento nel mercato del lavoro dei lavoratori, ove autorizzati all’attività di intermediazione (di seguito anche “gli Enti”).

Rapporti di lavoro esonerabili
L’esonero contributivo in esame spetta per le assunzioni con:
• contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, pieno o parziale;
• contratto di apprendistato;
• assunzioni a scopo di somministrazione;
• contratto di lavoro subordinato a tempo determinato o stagionale, a tempo pieno o parziale;
• rapporto di lavoro subordinato instaurato in attuazione del vincolo associativo stretto con una cooperativa di lavoro.

L’assunzione deve riguardare soggetti beneficiari dell’Assegno di inclusione o del Supporto per la formazione e il lavoro (e non soggetti che, pur avendo inoltrato istanza per il riconoscimento del trattamento medesimo, non l’hanno ancora percepita).
Il rispetto del suddetto requisito non è, invece, richiesto né nelle ipotesi di proroga del rapporto né nelle ipotesi di eventuale conversione a tempo indeterminato dello stesso.
Il medesimo esonero è altresì riconosciuto anche per le trasformazioni dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato.
Le assunzioni/trasformazioni devono decorrere a fare data dal 1° gennaio 2024.
Non rientra nell’ambito di applicazione della norma il rapporto di lavoro:
• a tempo indeterminato di personale con qualifica dirigenziale;
• intermittente, la cui caratteristica principale è quella di modulare la durata delle prestazioni lavorative alla variabilità delle esigenze datoriali, né nelle ipotesi di instaurazione delle prestazioni di lavoro occasionale.

Condizioni di accesso
L’esonero è riconosciuto esclusivamente alle seguenti condizioni:
• inserimento dell’offerta di lavoro nel Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa – SIISL (art. 10 c. 3, DL 48/2023);
• rispetto delle condizioni stabilite dalla legge (art. 1 c. 1175 L. 296/2006) in materia di possesso del DURC, rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale;
• rispetto delle condizioni stabilite dalla legge in materia di obblighi di assunzione dei lavoratori disabili (L. 68/99);
• l’assunzione non deve costituire attuazione di un obbligo preesistente, stabilito da norme di legge o della contrattazione collettiva, anche nel caso in cui il lavoratore avente diritto all’assunzione viene utilizzato mediante contratto di somministrazione (art. 31 D.Lgs. 150/2015: tale condizione non opera per le assunzioni obbligatorie dei lavoratori disabili);
• l’assunzione non deve violare il diritto di precedenza, stabilito dalla legge o dal contratto collettivo, alla riassunzione di un altro lavoratore licenziato da un rapporto a tempo indeterminato o cessato da un rapporto a termine;
• presso il datore di lavoro o l’utilizzatore con contratto di somministrazione non devono essere in atto sospensioni dal lavoro connesse a una crisi o riorganizzazione aziendale, salvi i casi in cui l’assunzione o la somministrazione siano finalizzate all’assunzione di lavoratori inquadrati a un livello diverso da quello posseduto dai lavoratori sospesi o da impiegare in unità produttive diverse da quelle interessate dalla sospensione;
• l’assunzione non deve riguardare lavoratori licenziati nei sei mesi precedenti da parte di un datore di lavoro che, alla data del licenziamento, presentava elementi di relazione con il datore di lavoro che assume, sotto il profilo della sostanziale coincidenza degli assetti proprietari o della sussistenza di rapporti di controllo o collegamento. Detta condizione si applica anche all’utilizzatore del lavoratore somministrato. Pertanto, nel caso in cui il lavoratore somministrato, nell’arco dei sei mesi precedenti la decorrenza della somministrazione, abbia avuto un rapporto di lavoro a tempo indeterminato ovvero una precedente somministrazione con l’utilizzatore, il datore di lavoro (agenzia di somministrazione) per la nuova assunzione non può fruire dell’esonero contributivo in oggetto. Anche in questo caso, la nozione di datore di lavoro va intesa tenendo in considerazione gli elementi di relazione, controllo e collegamento sopra illustrati, che vanno opportunamente riferiti al datore di lavoro effettivo, coincidente con l’utilizzatore.

L’inoltro tardivo delle comunicazioni telematiche obbligatorie inerenti all’instaurazione del rapporto di lavoro o di somministrazione incentivato produce la perdita di quella parte dell’incentivo relativa al periodo compreso tra la decorrenza del rapporto agevolato e la data della tardiva comunicazione.
Ai fini del riconoscimento del contributo, il patto di servizio personalizzato definito con i servizi per il lavoro competenti prevede che detti enti assicurino, per il periodo di fruizione dell’incentivo riconosciuto al datore di lavoro, la presenza di una figura professionale che svolga il ruolo di responsabile dell’inserimento lavorativo.

Restituzione dell’incentivo
Nel caso di licenziamento effettuato nei 24 mesi successivi all’assunzione del lavoratore (anche se in prova) beneficiario del Supporto per la formazione e il lavoro o dell’Assegno di inclusione, il datore di lavoro è tenuto alla restituzione dell’incentivo fruito, con applicazione delle sanzioni civili.
Sono esclusi i casi di dimissioni per giusta causa e licenziamento per giusta causa o giustificato motivo non dichiarati illegittimi.
Anche il recesso dal contratto di apprendistato al termine del periodo formativo determina l’obbligo di restituzione dell’incentivo fruito. Solo nelle ipotesi di contratto di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore, il recesso per mancato raggiungimento degli obiettivi formativi, come attestato dall’istituzione formativa, non genera la restituzione dell’incentivo fruito.
La restituzione dell’incentivo fruito non opera, invece, nel caso in cui il datore di lavoro decida di risolvere il rapporto di lavoro, in applicazione di clausola contrattuale di automatica risoluzione del rapporto lavorativo prevista dal contratto collettivo, al raggiungimento dell’età pensionabile del dipendente.
Inoltre, si precisa che, nelle ipotesi in cui il predetto incentivo è attribuito anche alle agenzie per il lavoro o agli enti sopra individuati, l’insorgenza, per i motivi di legge sopra richiamati, dell’obbligo di restituzione dell’incentivo fruito da parte del datore di lavoro non ha effetti in relazione al contributo agli stessi riconoscibile per la mera attività di mediazione.


Compatibilità con la normativa in materia di aiuti di Stato
L’efficacia dell’esonero contributivo è subordinata al rispetto della disciplina in materia di aiuti “de minimis”, secondo quanto disposto dai regolamenti (UE) sugli aiuti di importanza minore n. 1407 del 18 dicembre 2013 (regime generale), n. 1408 del 18 dicembre 2013 (settore agricolo) e n. 717 del 27 giugno 2014 (settore della pesca e dell’acquacoltura).
L’esonero contributivo in argomento potrà essere fruito solo se l’intero importo – quantificato tenendo conto di tutto il periodo di tempo in cui lo stesso è utilizzabile -non supera il massimale concedibile previsto dai regolamenti comunitari relativi agli aiuti “de minimis” di settore nell’arco di tre anni (l’anno in corso e i due anni precedenti).
Per la concessione di tali aiuti non è necessaria la preventiva autorizzazione da parte della Commissione europea (art. 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea).

Misura e durata dell’esonero
TIPOLOGIA CONTRATTUALE ESONERO/CONTRIBUTO DURATA (1)
contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e pieno 100% dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro
Limite massimo annuo: 8.000 euro, riparametrato e applicato su base mensile, per la durata di dodici mesi (666,66 euro mensili e 21,50 euro giornalieri) 12 mesi
Contratto di apprendistato
Contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato parziale il massimale dell’agevolazione deve essere proporzionalmente ridotto
Per le assunzioni con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato o stagionale, pieno o parziale. 50%dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro, nel limite massimo di importo pari a 4.000 euro su base annua, riparametrato e applicato su base mensile (333,33 euro mensili e10,75 euro giornalieri) Non oltre la durata del rapporto per un massimo di 12 mesi
Trasformazione dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato 100% della contribuzione previdenziale complessivamente dovuta dal datore di lavoro, per la durata massima di dodici mesi decorrenti dalla data della trasformazione, a cui si aggiungono i periodi di esonero precedentemente fruiti in relazione all’assunzione con contratto a tempo determinato o stagionale, nella misura del 50% della contribuzione datoriale dovuta. 12 mesi, nelle ipotesi in cui il rapporto originario a tempo determinato abbia avuto una durata inferiore a dodici mesi.
Nei casi di trasformazione dei rapporti di lavoro a termine o di stabilizzazione dei medesimi entro sei mesi dalla relativa scadenza, trova applicazione la restituzione del contributo addizionale dell’1,40% prevista per i contratti a tempo determinato
Assunzione a tempo indeterminato effettuata in conseguenza dell’attività di intermediazione di un’agenzia per il lavoro l’agenzia ha diritto a contributo proporzionale a quanto riconosciuto al datore di lavoro, pari al 30% e per un ammontare massimo di 2.400 euro (30% di 8.000 euro) In caso di assunzioni con contratto di lavoro a tempo determinato o stagionale, tale contributo spetta una tantum per ogni soggetto assunto.
Pertanto, qualora il lavoratore venga assunto a tempo determinato e, successivamente, il rapporto di lavoro venga prorogato e/o trasformato a tempo indeterminato, il contributo è riconoscibile all’ente intermediario per un solo rapporto di lavoro, senza possibilità di riconoscere ulteriori contributi per la prosecuzione del rapporto stesso.
Assunzione in conseguenza dell’attività di intermediazione di un’agenzia per il lavoro con contratto di lavoro a tempo determinato o stagionale contributo proporzionale a quanto riconosciuto al datore di lavoro, pari al 30% e per un ammontare massimo di 1.200 euro (30% di 4.000 euro).
Assunzione in conseguenza dell’attività di intermediazione degli enti sopra descritti i predetti enti hanno diritto, per ogni persona con disabilità assunta a seguito dell’attività di mediazione, secondo quanto indicato nel patto di servizio personalizzato, a un contributo pari:
– al 60% dell’intero incentivo riconosciuto ai datori di lavoro che assumono tempo indeterminato;
– all’80% dell’intero incentivo riconosciuto ai datori di lavori che assumono con le altre tipologie contrattuali.
Il periodo di fruizione dell’incentivo può essere sospeso in caso di assenza obbligatoria dal lavoro per maternità, ivi comprese le ipotesi di interdizione anticipata dal lavoro, consentendo, in tale ipotesi, il differimento temporale del periodo di godimento del beneficio.

Contribuzione non esonerabile
Non possono essere oggetto di esonero le seguenti contribuzioni:
• i premi e i contributi dovuti all’INAIL;
• il contributo al Fondo TFR;
• il contributo al Fondo di solidarietà territoriale intersettoriale della Provincia autonoma di Trento e al Fondo di solidarietà bilaterale della Provincia autonoma di Bolzano-Alto Adige Sudtirol;
• il contributo dello 0,30% della retribuzione imponibile, destinato, o comunque destinabile, al finanziamento dei Fondi interprofessionali;
• le contribuzioni che non hanno natura previdenziale e quelle concepite allo scopo di apportare elementi di solidarietà alle gestioni previdenziali di riferimento;
• il contributo di solidarietà sui versamenti destinati alla previdenza complementare e/o ai fondi di assistenza sanitaria;
• il contributo di solidarietà per i lavoratori dello spettacolo;
• il contributo di solidarietà per gli sportivi.

Il contributo aggiuntivo per l’IVS destinato al finanziamento dell’incremento delle aliquote contributive del Fondo pensioni dei lavoratori dipendenti in misura pari allo 0,50% della retribuzione imponibile, è soggetto all’applicazione dell’esonero contributivo. Una volta applicato l’esonero dal versamento del contributo aggiuntivo IVS, il datore di lavoro non dovrà operare l’abbattimento della quota annua del TFR o dovrà effettuare detto abbattimento in misura pari alla quota del predetto contributo, esclusa, per effetto dell’applicazione del massimale annuo, dalla fruizione dell’esonero contributivo.
In caso di applicazione delle misure compensative (art. 10, c. 2 e 3, D.Lgs. 252/2005) relative alla destinazione del TFR ai fondi pensione e al Fondo per l’erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei TFR di cui all’art. 2120 c.c. – l’esonero è calcolato sulla contribuzione previdenziale dovuta, al netto delle riduzioni che scaturiscono dall’applicazione delle predette misure compensative.

Coordinamento con altri esoneri
L’esonero contributivo per l’assunzione dei soggetti beneficiari del SFL o dell’ADI, laddove si tratti di persone con disabilità, è cumulabile con l’incentivo economico per l’assunzione di soggetti disabili di cui all’art. 13 legge 68/99, nei limiti del 100% dei costi salariali ammissibili.
L’esonero in oggetto è, infine, cumulabile con le agevolazioni consistenti in una riduzione della contribuzione previdenziale a carico del lavoratore.
La restante platea di esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previsti dalla normativa vigente relativi alla contribuzione datoriale, l’esonero in trattazione non è cumulabile.



Distacco transnazionale: semplificati gli obblighi amministrativi


NOTA INL 20 12 2023 n. 2401

L’Ispettorato del Lavoro, con Nota del 20 dicembre 2023 n. 2401, semplifica gli obblighi in caso di distacco transnazionale per cui la documentazione, come cedolini paga e contratto tradotti, potrà essere fornita su richiesta degli organi di controllo e per il referente designato è sufficiente che sia domiciliato in Italia.

Gli obblighi amministrativi in caso di invio in Italia di personale da un datore estero, attraverso il distacco o la trasferta, sono stati semplificati con il recepimento di best practice europee, come indicato nella Nota INL 20 dicembre 2023 n. 2401.
Le semplificazioni riguardano la conservazione della documentazione relativa al rapporto di lavoro durante l’assegnazione del lavoratore. Tale documentazione, che include la copia del contratto di lavoro e dei cedolini paga esteri tradotti in italiano, potrà essere resa disponibile agli organi di vigilanza su richiesta. Ciò consente di evitare la necessità di mantenere fisicamente l’intero fascicolo nel luogo in cui il personale è distaccato.
La necessità di consentire l’immediata verifica della regolare istaurazione del rapporto di lavoro all’estero, obbligo che comunque permane nei confronti degli organi di controllo, potrà essere soddisfatta mediante l’attestazione della richiesta del documento A1 all’autorità previdenziale estera.
In secondo luogo, l’INL conferma che il referente designato per gestire l’invio e la ricezione di atti e documenti relativi al personale distaccato in Italia non è tenuto ad essere fisicamente presente sul territorio nazionale, ma è sufficiente, come già previsto dal D.Lgs. 136/2016, che abbia la sua domiciliazione in Italia, indicando chiaramente i recapiti cui fare riferimento per eventuali notificazioni e comunicazioni.

Obblighi per i datori che inviano personale in Italia
Il datore di lavoro estero, che nell’ambito di prestazione di servizi, assegna temporaneamente in Italia uno o più dipendenti a favore di un’altra azienda, inclusa quella facente parte dello stesso gruppo, o di un’altra unità produttiva o di un altro destinatario, è tenuto ad adempiere a una serie di obblighi volti a tutelare i lavoratori distaccati in Italia, nonché prevenire pratiche di distacco non autentiche. Tali misure sono finalizzate a evitare situazioni in cui il personale inviato in Italia sia soggetto a condizioni di lavoro deteriori rispetto a quelle offerte ai lavoratori locali, configurando così il fenomeno del dumping sociale.
La necessità di garantire le richiamate tutele comporta una serie di obblighi in capo al datore di lavoro estero distaccante tra cui l’onere di effettuare la comunicazione preventiva di distacco al Ministero del lavoro, al più tardi all’inizio del distacco, come prevede l’art. 10, c. 1, D.Lgs. 136/2016. Su tale obbligo, ai fini della semplificazione, è intervenuto il recente D.Lgs. 27/2023 che ha modificato la previgente formulazione che richiedeva l’invio della comunicazione entro le 24 ore del giorno precedente l’inizio del distacco. La nuova formulazione, quindi, consente maggiore flessibilità ai datori di lavoro esteri che potranno inviare la comunicazione preventiva anche all’inizio del distacco.
In maniera analoga, su richiesta del Dipartimento della Politiche Europee, il Ministero del lavoro e l’INL hanno valutato alcune pratiche individuate dalla Commissione europea, con l’obiettivo di semplificare gli adempimenti in caso di distacco transnazionale. Al termine di tale valutazione, come indicato nella Nota INL in commento, vengono confermate alcune semplificazioni, rispetto quanto previsto dall’art. 10 c. 3 lett. a) e b) del D.Lgs. 136/2016.
Le richiamate disposizioni obbligano il datore estero distaccante, durante il periodo del distacco e fino a due anni dalla sua cessazione, a conservare copia tradotta in lingua italiana di:
• contratto di lavoro o altro documento contenente le informazioni previste dal D.Lgs. 152/1997, come modificato dal Decreto trasparenza;
• prospetti paga;
• prospetti che indicano l’inizio, la fine e la durata dell’orario di lavoro giornaliero;
• documentazione comprovante il pagamento delle retribuzioni o i documenti equivalenti;
• comunicazione pubblica di instaurazione del rapporto di lavoro o documentazione equivalente;
• certificato relativo alla legislazione di sicurezza sociale applicabile.

La Nota INL conferma la possibilità che la richiamata documentazione sia messa a disposizione degli organi di vigilanza in caso di richiesta, escludendo così la necessità di tenerla a disposizione nel luogo di distacco. La necessità di consentire al personale ispettivo una verifica immediata in ordine alla corretta instaurazione del rapporto di lavoro, come già indicato con Circ. INL 15 febbraio 2023 n. 1, potrà essere soddisfatta attraverso una attestazione della richiesta del documento A1 all’autorità previdenziale dello Stato membro di provenienza effettuata dall’impresa distaccante.
In relazione all’obbligo di designare un referente elettivamente domiciliato in Italia incaricato di inviare e ricevere atti e documenti relativi al personale distaccato, la Nota INL chiarisce che il soggetto referente non debba necessariamente essere fisicamente presente sul territorio nazionale, ma sarà sufficiente la sua domiciliazione Italia nella quale saranno indicati i recapiti cui far riferimento sia per eventuali notificazioni che interlocuzioni.

Distacco e trasferta
La normativa che ha introdotto gli obblighi in commento è stata introdotta nel nostro ordinamento dal D.Lgs. 136/2016 che ha recepito la Dir. 2014/67/UE con lo scopo di rendere efficaci le tutele sulla parità di trattamento, tra personale inviato dall’estero e personale locale, previste dalla Dir. 96/71/CE.
La richiamata normativa comunitaria adotta una definizione di distacco ampia (posting of workers) tale da includere sia l’ipotesi della trasferta sia quella del distacco ai sensi dall’art. 30 D.Lgs. 276/2003. In particolare, la Dir. 96/71/CE prevedeva la possibilità per gli Stati di escludere l’applicazione delle regole in commento in caso di assegnazioni di breve durata, fino a un mese, ma non si rinvengono nelle norme di recepimento esclusioni in tal senso. Pertanto, anche le trasferte brevi, nell’ambito di una prestazione di servizi, ricadono nell’ambito di applicazione delle regole in commento.



Gestione del COVID-19: le regole in vigore per i datori di lavoro


CGUE 14 dicembre 2023

L’incremento dei contagi da COVID-19 obbliga i datori di lavoro a ricordare gli effetti giuridici della pandemia e le modalità di gestione della malattia. Sul punto è recentemente intervenuta anche la CGUE, che con la sentenza n. C-206/22 del 14 dicembre 2023 ha chiarito che la quarantena del lavoratore non è paragonabile alla malattia.

A partire dai primi contagi avvenuti nel febbraio 2020 il COVID-19 è entrato a far parte della quotidianità di tutti, permeando in ogni sfera della vita: privata, affettiva e, infine, lavorativa.
Durante i primi mesi, diventati poi anni, dell’emergenza pandemica abbiamo acquisito sempre più confidenza con il lessico, divenuto tristemente familiare: isolamento, quarantena, mascherina FFP2 o chirurgica, coprifuoco, positività, etc., i quali non sono diventati solamente parte del nostro linguaggio quotidiano ma, di riflesso, un elemento costante anche nella sfera giuridica (tempestata di decreti legge tra l’emergenziale e lo schizofrenico).
L’orecchio umano ha questa tendenza: se un termine non è più di moda o costante, tende a dimenticarsi. La recente impennata di contagi ci impone di ricordare celermente lo stato dell’arte giuridico del COVID-19, considerando quali siano gli effetti ad oggi prodotti con riferimento al rapporto di lavoro.

Smart-working
Lo smart-working, disciplinato dalla legge 81/2017, ha rappresentato durante il periodo emergenziale la modalità di svolgimento normale dell’attività lavorativa (laddove possibile), proprio con il fine ultimo di limitare le occasioni di contagio tra i dipendenti e garantire dunque il massimo rispetto della sicurezza sul luogo di lavoro.
Sebbene la legge 81/2017, che ha avuto il merito di introdurre e disciplinare la modalità di “lavoro agile” nell’ordinamento italiano, qualificasse lo smart-working come modalità di svolgimento della prestazione lavorativa per facilitare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, l’esperienza pandemica ha contribuito ad una ridefinizione di tale strumento non più come strumento di flessibilità, bensì come “misura sanitaria”.
Oggi, dopo quasi 4 anni dal febbraio 2020, assistiamo ad una duplica funzione dello smart-working:
• da un lato, infatti, la pandemia da COVID-19 è stata occasione per molte aziende di sperimentare questa modalità alternativa di svolgimento della prestazione lavorativa, magari conciliandola progressivamente a forme di attività “ibride” (parte in presenza e parte da remoto). Secondo questa ottica, lo smart working è tornato progressivamente a rappresentare non più solo uno strumento per evitare il contagio da COVID-19 ma si è riappropriato della sua caratteristica “flessibile” che, di fatto, ne rappresenta la ratio stessa.
Sul punto si segnala l’intento del Legislatore che, a continue riprese (da ultima l’art. 42, c. 3, DL 48/2023) intende continuare a garantire lo svolgimento dell’attività di lavoro in smart-working ai dipendenti con almeno un figlio minore di 14 anni a patto che l’altro genitore non sia beneficiario di strumenti di sostegno al reddito oppure non sia disoccupato.
Come noto, tale disposizione è stata di nuovo reiterata al 31 marzo 2024 a cura della recente legge di conversione del c.d. Decreto Anticipi, in via di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
• Parallelamente, lo smart-working continua a costituire una forma di protezione sanitaria per tutti quei lavoratori che, in ragione della propria qualifica di “fragili” (ossia affetti da una delle patologie individuate dal ministero della Salute DM 4 febbraio 2022), possono svolgere la prestazione lavorativa in modalità agile anche, ove necessario, attraverso l’adibizione a diversa mansione. Analogamente, possono godere della medesima concessione anche i lavoratori maggiormente esposti a rischio di contagio da COVID-19, in ragione dell’età o della condizione di rischio derivante da immunodepressione o da condizioni di particolare criticità (patologie oncologiche, terapie salvavita, etc.). Fino al 31 dicembre 2023, i soggetti maggiormente esposti al rischio di contagio da COVID-19, possono richiedere di essere sottoposti a visite mediche nell’ambito della sorveglianza sanitaria eccezionale allo scopo di richiedere al proprio datore di lavoro lo svolgimento dell’attività in smart-working.

Malattia da COVID-19
Fino al 31 dicembre 2021, la quarantena di un lavoratore determinata dal contagio con un soggetto positivo al COVID-19 veniva a tutti gli effetti equiparata a malattia e, di conseguenza, garantiva l’indennizzazione da parte dell’INPS.
Ad oggi, in ragione della diffusione dei vaccini e di una minore pressione esercitata dal Coronavirus sul sistema sanitario nazionale, la situazione è ben diversa.
Infatti, il lavoratore che per rischio di contagio decida di isolarsi, può alternativamente:
• svolgere la prestazione lavorativa in modalità agile, laddove presente un accordo tra le parti;
• richiedere che il periodo di assenza imputabile a quarantena possa essere considerato come “permesso” o “ferie”. Si ricorda infatti come, ad oggi, non sia più prevista alcuna misura restrittiva non confronti dei soggetti che siano entrati a contatto con casi accertati di COVID-19. Chiaramente è bene probabile che un lavoratore positivo ma asintomatico (dato che se manifestasse sintomi verosimilmente dovrà essere considerato, previa certificazione medica, in malattia) non sarà sicuramente “contento” di essere considerato in ferie e potrebbe dunque chiedere di essere re introdotto nel normale ciclo produttivo, munto di mascherine e sistemi adeguati. In tal senso il documento di valutazione dei rischi potrebbe determinare a priori l’esclusione del re inserimento fino a guarigione clinica del solerte lavoratore.

Parimenti, anche nei confronti dei soggetti affetti da COVID-19 non vengono previste misure differenti rispetto agli eventi di malattia “ordinaria”: il lavoratore sarà quindi tenuto ad avvisare il proprio medico ai fini del rilascio di un certificato di malattia, con piena rilevanza ai fini del comporto.
Si segnala tuttavia come l’art. 87, c. 1, DL 18/2020, mai abrogato dal Legislatore, continui ad equiparare l’evento morboso da COVID-19, nei confronti dei lavoratori dipendenti delle amministrazioni di cui all’art. 1, c. 2, D.Lgs. 165/2001 (amministrazioni pubbliche), al “periodo di ricovero ospedaliero e non è computabile ai fini del periodo di comporto”.
In attesa di una esplicita abrogazione di tale disposto, le previsioni dell’art. 87 sembrano continuare ad applicarsi ai dipendenti pubblici al servizio delle amministrazioni identificate dal D.Lgs. 165/2001.
In ogni caso, al di là delle specifiche regole emanate nell’ultimo triennio per contrastare la pandemia da COVID-19, si ritiene quale regola generale cui i lavoratori sono chiamati ad attenersi quanto previsto dall’art. 20 D.Lgs. 81/2008 in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro. Infatti, il Legislatore prevede che “ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quelle delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni […]”. Banalmente, essere positivi e non proferirlo, è condotta da censurarsi.

Quarantena: la sentenza della CGUE
Attraverso la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (C-206/2022) pubblicata il 14 dicembre 2023, viene chiarito che, in caso di quarantena di un lavoratore, il datore di lavoro non è tenuto a compensare gli svantaggi causati da tale evento.
Il caso in questione verteva in concreto sulla condizione di un lavoratore che, poiché in stato di quarantena, si interrogava in merito alla possibilità che tale periodo venisse riconosciuto come malattia (come peraltro recepito dal Legislatore italiano nel corso dei mesi di pandemia) oppure come ferie o permessi (analogamente alla prassi attualmente vigente).
Ad oggi, la quarantena non può essere equiparata a malattia in quanto, secondo la CGUE, lo stato in cui verte il lavoratore in isolamento non impedisce che lo stesso possa dedicarsi ai propri interessi, al riposo e alla distensione dall’attività lavorativa.
Pertanto, se in un primo momento era apparsa logica la necessità di tutelare anche tale fattispecie preventiva, ad oggi non sussiste più alcuna motivazione sottostante all’equiparazione tra la quarantena e l’effettivo contagio da COVID-19.

Infortunio sul lavoro
Nei casi accertati di infezione da COVID-19 avvenuta sul luogo di lavoro, l’evento morboso verrà equiparato non più a malattia ma ad infortunio e, per tale ragione, il datore di lavoro sarà tenuto ad adempiere agli ordinari obblighi previsti in questo caso (es. certificato di infortunio e denuncia dello stesso all’INAIL).
Si ricorda infatti come, ai fini della qualificazione dell’evento come infortunio, si renda necessario un nesso causale tra l’attività lavorativa e l’evento (in questo caso, la contrazione dell’infezione da COVID-19). Il riconoscimento dell’origine professionale del contagio, che costituisce quindi il fondamento della fattispecie di “infortuni”, si fonda su un giudizio di ragionevole probabilità ed è estraneo da ogni valutazione in ordine alla responsabilità del datore di lavoro.

Decontribuzione Sud
Seppur solo in via consequenziale legata alla pandemia da COVID-19, che innegabilmente ha avuto importanti ricadute sul tessuto economico ed occupazionale del Paese, si segnala la decontribuzione Sud, introdotta dal Legislatore per mezzo dell’art. 27 DL 104/2020.
L’obiettivo dichiarato era quello di “contenere gli effetti straordinari sull’occupazione determinati dall’epidemia da COVID-19 in aree caratterizzate da grave situazione di disagio socio-economico e di garantire la tutela dei livelli occupazionali” attraverso il riconoscimento di una parziale decontribuzione dei complessivi contributi previdenziali (esclusi premi e contributi INAIL).
In particolare, l’agevolazione si applica nei confronti dei lavoratori dipendenti (ad eccezione del settore agricolo e domestico) nella seguente misura:
• dal 1° ottobre 2020 al 31 dicembre 2025: pari a 30 punti percentuali;
• nel biennio 2026 e 2027: pari a 20 punti percentuali;
• e, infine, nel biennio 2028 e 2029: pari a 10 punti percentuali.








Fonte: mementopiu.it